Tribal Tech e Raphael Gualazzi il 14 e 15 luglio al GruVillage

Tribal Tech e Raphael Gualazzi il 14 e 15 luglio al GruVillage

La calda estate continua al GruVillage:

Domenica 14 luglio suono di confine con il grande ritorno degli statunitensi Tribal Tech, veri e propri inventori del jazz - rock - fusion: il gruppo presenta in concerto X, uscito nel 2012, un disco che segna il ritorno strepitoso dei quattro musicisti che hanno sempre dimostrato di saper miscelare e suonare alla perfezione vari generi musicali. I Tribal Tech riescono a tessere dei veri e propri tappeti ritmico - armonici degni dei più grandi musicisti contemporanei, sempre attenti alla ricerca di nuove soluzioni e sempre capaci di tradurre in musica effetti e campionature fuori dal comune. 

Biglietti: settore 1: 20 euro

settore 2: 15 euro

 

Il cartellone del GruVillage jazz si completa con uno fra i più interessanti nomi della scena italiana. Lunedì 15 luglio, sarà di scena l’inconfondibile sound di Raphael Gualazzi con il suo Happy mistake tour. Gualazzi sul palco è accompagnato da nove musicisti, in uno spettacolo dinamico e sfaccettato che alterna atmosfere emozionanti a momenti dall'energia intensa e travolgente. L’”artigiano della musica” è tra i talenti più puri del panorama musicale italiano degli ultimi anni, ha uno stile personalissimo che fonde la tecnica con il rag-time dei primi del ‘900 e con le sonorità tipiche del pre-jazz e dello stride-piano, senza trascurare le influenze più innovative di artisti brillanti della scena contemporanea, come Jamiroquai e Ben Harper. 

Biglietti: settore 1: 35 euro, settore 2: 28 euro, settore 3: 24

TRIBAL TECH

Tribal Tech è considerato un gruppo icona della musica associata con il jazz-fusion (per alcuni), il jazz-rock (per gli altri), o (secondo alcuni) in relazione al rock-fusion e / o (a seconda dei membri fondatori gruppo) per la fusion-progressive. Etichette a parte,  Tribal Tech è stata fondata nel 1984  dal chitarrista Scott Henderson e il bassista Gary Willis e il suo debutto discografico avvenne nel 1985 con l'album Spears. Poi, alternando diversi componenti, tra gli altri, i batteristi Joey Heredia e Steve Houghton, il percussionista Brad Dutz, sassofonista e flautista Bob Sheppard e David Goldblatt e tastierista Pat Coil per la realizzazione degli album  Dr. Hee Album 1987. Nomad Tribal Tech nel 1989 e 1991. Nei primi anni novanta, con l'album Illicit 1991 il gruppo vede il line-up considerato originale, oltre ai già citati Scott Henderson alla chitarra e Gary Willis al basso, il batterista Kirk Covington e alle tastiere Scott Kinsey .

Questa formazione darebbe luogo ad una prolifica produzione musicale che prevede Face First, nel 1993, la compilation Primal Tracks del 1994, Reality Check nel 1995, Thick del 1999 e quello che era, almeno fino ad ora, il loro ultimo album: Rocket Science del 2000.

Tribal Tech,  dopo una lunga assenza dalle scene in cui ciascuno dei suoi membri si è dedicato rispettivi progetti solisti, torna sul ring con la sua formazione originale (Henderson, Willis, Covington e Kinsey) per presentare un nuovo album  e intraprendere un lungo tour mondiale.

 

L'ultimo album dei Tribal Tech è intitolato X pubblicato a marzo 2013.

 

RAPHAEL GUALAZZI

HAPPY MISTAKE

Una miscela esplosiva di suoni e colori per “l’artigiano della musica”, autore, compositore, arrangiatore e produttore dell’album. Omaggi sorprendenti a Giuseppe Verdi e Nino Rota e duetti straordinari con Camille e le Puppini Sisters. Ritornano le collaborazioni con Fabrizio Bosso e Vince Mendoza.

Il 14 febbraio con “Happy Mistake” (Sugar) Raphael Gualazzi rompe un silenzio lungo due anni per fa ricominciare a parlare la musica. Riflessivo e nello stesso tempo appassionato, timido ma incontenibile, Gualazzi è tra i talenti più puri del panorama musicale degli ultimi anni: un vero e proprio “artigiano della musica” con un amore viscerale per il jazz e il blues. E in “Happy Mistake” c’è ancora di più. Tredici brani ricchi di idee, invenzioni, dettagli che rompono gli schemi e spiazzano l’ascoltatore, tra soul, gospel, country, blues, rock e l’immancabile jazz. Un lavoro di cui lo stesso Raphael è autore, compositore, arrangiatore e produttore.

Come la mela di Newton che cade accidentalmente dall’albero e cambia il mondo o un microfono che lasciato involontariamente acceso durante un assolo di tromba diventa un controcanto e cambia radicalmente un brano, “happy mistake” è un errore che rende un’opera d’arte tale, un qualcosa fuori posto che colpisce l’attenzione. Ma anche un concetto applicato alla vita: la bellezza dell’imperfezione umana, nella sua particolarità e unicità.

Rivelazione del Festival di Sanremo 2011 (primo posto tra i Giovani e Premio della critica), con un eccezionale secondo posto all’Eurovision Song Contest a Düsseldorf, un accordo con l’etichetta Blue Note e infiniti live in giro per il mondo, Raphael continua a non far propria l’aria da star e basta vederlo sul palco per capire che da quando aveva 14 anni sapeva già che avrebbe fatto “il musicista e nient’altro”.

Il suo legame con la tradizione jazzistica degli inizi del Novecento e la sua voglia di riportarla oggi sul palco affinché non venga dimenticata è lampante. Non solo grazie alle atmosfere vintage che Raphael riesce ad evocare sul palco, ma anche per il suo modo geniale di reinventare il passato miscelando canzone d’autore e swing, soul e rhythm’n’blues.

Ed ecco che in “Happy Mistake” Raphael passa con disinvoltura dall’inglese all’italiano al francese, collabora con l’estro delle Puppini Sisters, con la delicatezza di Camille e con la destrezza musicale di Fabrizio Bosso. Raphael concepisce la musica come un arcobaleno di colori e così vale per questo nuovo disco in cui ogni brano è diverso dall’altro, ma ciascuno forte nella sua unicità.

Nelle tredici tracce del disco si trovano i due brani che Raphael porterà sul palco del prossimo Festival di Sanremo: “Sai (Ci basta un sogno)” e “Senza Ritegno”. Il primo è una pop ballad ispirata da un viaggio immaginario in una mansarda, in cui un pittore è intento a dipingere una modella. Il brano, arrangiato da Vince Mendoza e registrato presso gli studi di Hilversum (Amsterdam) con la Metropole Orkest (come anche “Rainbows”), parte da un concetto estetico per arrivare a riflessioni concrete sul mondo che ci circonda, lanciando un messaggio positivo nei tempi difficili di oggi. “Senza Ritegno”, invece, con il suo rock’n’roll in tonalità minore intriso di atmosfere jazz, descrive la mancanza di una consapevolezza etica in una società che talvolta si concentra su aspetti effimeri della realtà. Un brano che non vuol essere una critica al sistema, quanto piuttosto un invito a sognare. 

Vibrazioni gospel e atmosfere anni ’60 condiscono “Don’t call my name”, brano che apre l’album, intriso di un sound verace che ricorda le registrazioni di un tempo. Si passa al francese con “L’amie d’un Italien (Rainbows)”, caratterizzato dalla collaborazione con la cantautrice parigina Camille Dalmais che ha fatto della sperimentazione la cifra stilistica con cui si è imposta all’attenzione del pubblico mondiale. A tutti gli effetti questo può essere considerato il brano più internazionale dell’album, caratterizzato da un genesi piuttosto curiosa: nato con un testo esclusivamente inglese dal titolo “Rainbows”, una parte è stata poi scritta e interpretata in francese da Camille, missato negli Usa, registrato vicino ad Amsterdam, e cantato in duetto a Parigi. Come per “Sai (Ci basta un sogno)”, gli arrangiamenti sono stati curati da Vince Mendoza. Segue “Baby what’s wrong”, una canzone caratterizzata da un organico musicalmente molto semplice in cui il suono dell’ukulele è come una voce celestiale che riporta al valore della semplicità; mentre è un vero e proprio inno alla passione amorosa “Seven days of love”, brano che si ispira ad atmosfere anni ‘70. Dopo il successo di “Follia d’Amore”, Raphael torna a collaborare con Fabrizio Bosso in “Un mare in luce”, trait d’union tra il precedente progetto discografico ed il nuovo. Un’immersione nell’atmosfera delle second line di New Orleans, le tradizionali parate di strada che seguono i funerali, ‘swingando’ gli inni funebri. “Improvvisazione su temi di Amarcord” è invece un omaggio puro ad uno dei film più amati da Raphael che colora di interventi rapsodici le indimenticabili musiche che Nino Rota ha scritto per il capolavoro cinematografico di Federico Fellini.

E’ un’atmosfera festosa, in cui la danza e la musica fanno da padrone, quella che governa “Mambo soul”. Come in tutti i classici della tradizionale musica cubana, il brano trova il massimo della sua espressione nella parte strumentale. E se in “I’m tired” viene fuori tutta l’anima soul di Gualazzi, grinta e  dolcezza si sommano invece nell’energica “Beautiful”.

Il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi è l’occasione, invece, per omaggiare il grande compositore italiano, con una rivisitazione di una delle sue arie più famose “Questa o quella per me pari sono” che, nell’album, diventa “Questa o quella per me pari non sono”. Tra il sogno e l’ironia, Raphael traduce così in note il sarcasmo e la leggerezza di costumi con cui Rigoletto tratta il gentil sesso.

Dall’opera si passa al country gospel, infine, in “Welcome to my hell”: terreno di incontro di Raphael con le Puppini Sisters, il trio femminile londinese, specializzato nel canto a cappella in stile anni Quaranta.

“Happy Mistake” da fine marzo sarà anche un tour internazionale che prenderà il via da Parigi, dal Cafè de la Danse, locale storico dei live parigini, e approderà in Italia ad aprile, aprendo proprio dalla regione di origine di Raphael, le Marche.

Tutto il progetto è sostenuto da eni: l’azienda ha creduto nell’artista sin dal suo esordio, affidandogli nel 2010 l’esecuzione di “Don’t stop”, colonna sonora dello spot eni gas & power. Raphael Gualazzi è entrato così a far parte del gruppo di giovani talenti che caratterizzano la creatività della comunicazione eni.

 

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